La Terra Inquieta
L’arte è un prodotto di consumo – magari di lusso – e, più o meno come qualsiasi altra merce, come tale viene consumata. Spreca tempo chi voglia rappresentarne un superiore status: il mondo globale è tale proprio nella globale equivalenza e nel livellamento dei consumi.
Eppure, l’arte ci porge un surplus, che non so esprimere se non come un valore, in termini di ampiezza di significato degli eventi, di incremento di comprensione del mondo e di messa in gioco delle nostre sensibilità, che difficilmente altre forme di comunicazione e di rappresentazione ci offrono.
La terra inquieta, mostra ideata e curata da Massimiliano Gioni, promossa da Fondazione Nicola Trussardi e Fondazione Triennale di Milano, è un esempio di come l’espressione artistica esprima, per chi la percorra, questo plus-valore in termini di coinvolgimento, emozione e cambiamento.
La mostra dice dell’instabilità e dell’inquietudine planetaria e umana, viste attraverso il fenomeno della migrazione; tra terre rinsecchite, cieli lividi, mari minacciosi e lo sguardo terrorizzato degli esseri umani indifesi.
Gli uomini, le donne e i bambini, i “migranti”, che navigano, che camminano incolonnati, che fuggono e che pongono come unica difesa tra loro e la catastrofe la loro umanità, fatta di povere cose: le fotografie, i diplomi di scuola tecnica, i libretti di preghiera, i santini, gli anelli e le collanine…
E’ oggettiva l’importanza della mostra nel suo insieme: essa non è una mera somma di elementi ma, forse, essa stessa, è l’Opera, all’interno della quale “parlano” opere, reperti e documenti, acquisendo una dimensione che li trascende.
Tra tutti due elementi.
Il primo: la lettera del Sindaco di Lampedusa alle autorità italiane e d’Europa, con la sua straziante domanda “quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?”; con la sua indignazione nei confronti del silenzio dell’Europa “che ha appena ricevuto il Nobel della Pace” e con la sua perentoria richiesta: “io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.”
Il secondo: l’equazione, tanto semplice quanto fondamentale, espressa dallo svizzero Thomas Hirschhorn e posta al termine della mostra, e, si badi bene, alle spalle del pubblico in uscita:
“1 Man = 1 Man”
(La terra inquieta. Fino al 20/8/2017. Triennale Palazzo dell’ Arte, via Alemagna, 6 Milano, Lombardia)
Massimo Bertani